Con l’ordinanza n. 28819/2017, depositata il 30 novembre 2017, la I sez. civile della Corte di Cassazione, pur affermando che la determinazione definitiva dei crediti e dei debiti delle parti può aver luogo soltanto alla chiusura del conto, ha ritenuto che ciò non precluda al correntista la facoltà di agire nel corso del rapporto per ottenere una rettifica delle risultanze del conto. La vicenda nasce dall’azione di ripetizione dell’indebito mossa da un’azienda che ha convenuto in giudizio la Banca per sentir dichiarare la nullità della clausola contrattuale che rinviava agli usi per la determinazione del tasso d’interesse e di quella che prevedeva la capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi, nonché l’illegittimità dell’applicazione della commissione di massimo scoperto, con la rideterminazione del saldo del conto e la compensazione delle somme illegittimamente addebitate, ovvero la condanna della convenuta alla restituzione delle stesse. Il tutto per un conto corrente aperto nel 1987 e per il quale il saldo è stato rideterminato in €103,957,03. Con una pronuncia destinata per certi versi a fare storia, la Corte, ribadendo che la prescrizione decennale decorre dal momento di chiusura del conto e non dal momento di effettuazione dei singoli versamenti, ha dichiarato legittima la richiesta di rideterminazione del saldo conto, anche se lo stesso risultava ancora aperto al momento dell’azione mossa dal correntista. Non essendo infatti il saldo passivo del conto corrente immediatamente esigibile, se non eccedente l’importo dell’affidamento concesso ai correntista, soltanto i versamenti eseguiti in presenza di uno scoperto e volti a ricondurre il predetto saldo nei limiti del fido sono qualificabili come pagamenti la cui effettuazione ad estinzione di un debito totalmente o parzialmente inesistente, in quanto determinato in applicazione di una clausola nulla, fa sorgere il diritto alla ripetizione, con la conseguente decorrenza del termine di prescrizione.
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